0 commenti venerdì 27 giugno 2008



battere l'italia fortifica.
è un fatto storico, un dogma. nella storia del calcio mondiale, battere le quattro grandi nazionali, argentina, brasile, germania e italia nelle fasi ad eliminazione diretta, ti fortifica. è un pò come mutarsi in vampiro e alimentare le proprie velleità succhiando il sangue ai vincenti. e la spagna gioca una semifinale di grande personalità e convinzione, come mai prima d'ora. troppa era la voglia di approdare in finale e, dopo aver battuto la bestia nera italia, è diventato d'obbligo giocare una partita di massimo spessore contro la russia.

i sogni frastornano.
un miracolo si ripete in media ogni trent'anni. è così che si è congedato otto rehhagel dopo l'eliminazione della grecia dall'ultimo europeo. ma l'eccessiva voglia di credere ai sogni, e di trastullarsi nel mondo delle favole, frastorna per poi disilludere. la russia oggi ha perso la sua forza, una prestazione poco accattivante, caotica e vittima di eccessiva deconcentrazione: innumerevoli le giocate sbagliate dai singoli, persino zhirkov e arshavin, gli elementi di spicco per valori tecnici, non ne hanno azzeccata una. una partita giocata da mestieranti, senz'anima, senza spirito guerriero e in balia del divario tecnico, di cattiveria agonistica e di personalità nei confronti degli spagnoli.

nella morsa degli spagnoli.
la russia tatticamente è stata neutralizzata dagli spagnoli. la difesa bassa, umile ed ermetica con lo scudo senna sistematicamente a protezione del pacchetto arretrato ha arginato quel poco che è rimasto dei contropiedi terroristici delle scorse partite. il centrocampo folto, rapido, tecnico e in continuo movimento degli iberici ha dominato incontrastato fino a irridere l'avversario con torelli e disimpegni leggiadri tra gli olè del pubblico. la qualità tecnica di tutti gli elementi spagnoli ha dato vita a manovre corali forse troppo narcise ma che hanno avuto il pregio di saper affondare i colpi con freddezza e naturalezza nei momenti opportuni.

conclusioni.
il flebile equilibrio è un lungo filo dallo spessore tanto millimetrico da essere praticamente invisibile. la grecia di rehhagel quattro anni fa è riuscita addirittura a cavalcarlo senza farlo spezzare. la russia si è adagiata troppo sopra di esso, fino a perdere l'equilibrio e cadere in un tonfo sordo.
hiddink ha assistito agli ultimi minuti della gara a mezzo metro dalla riga del campo, fradicio sotto la pioggia, il più vicino possibile ai suoi giocatori. un gesto d'affetto verso questi ragazzi che hanno fatto sognare l'intero popolo russo. il sogno ha subito una brusca frenata, o magari è meglio dire un calcione nei denti, ma in fondo i miracoli non si comandano o forse c'è già stato, ed è quello di aver raggiunto la semifinale, territorio sconosciuto dalla nazionale russa prima di euro 2008.

arrivederci matrioska meccanica...

0 commenti giovedì 26 giugno 2008



saviola, riquelme, saviola, cambiasso, crespo, cambiasso.
tocchi raffinatissimi, dosaggio perfetto.
un'opera d'arte pallonara.

0 commenti martedì 24 giugno 2008



attimi. tensione. nervi. sguardi. furbizia. psicologia. fortuna. destino.

serve sangue freddo per reggere il peso della patria sulle spalle. tutto in un attimo.

liberazione o tormento.

calci di rigore.

2 commenti domenica 22 giugno 2008



la russia di hiddink non ha timori reverenziali, ha avuto rispetto dell'olanda, ma nessuna paura. e vincerà con merito e onore questo europeo.

amalgama.
c'è amalgama perfetta tra il tecnico olandese, maestro di tattica e di vita, e la diligenza e perfezione chirurgica verso il lavoro da parte degli atleti russi, encomiabili e straordinari in quanto a corsa, velocità e resistenza fisica, e di tutto rispetto nei valori tecnici e nell'individualità di spicco di andrei arshavin, una continua e martellante spina nel fianco delle difese avversarie, coi suoi occhi calati sulla palla, la sua velocità, i dribbling stretti, gli assist brillanti e il suo tiro tagliente.

la partita.
l'olanda in questi europei ha mostrato gravi lacune difensive, fase tattica fatta in un modo assai superficiale e lacunoso, con i difensori in totale balia della propria mediocrità. ma nella fase a gironi ha avuto la sua giusta fortuna, sfoggiando un gioco d'attacco sfavillante.
questa volta però ha dovuto fare i conti con la fase difensiva orchestrata da hiddink: lineare, ordinata, di grande concentrazione, pazienza e forza di nervi. e l'olanda è finita per rimanere imbrigliata, stritolata nella morsa russa: pressing serrato sul portatore di palla e una stoica marcatura a uomo sugli avversari in movimento. una mossa perfetta per distruggere la forza dei singoli orange e il loro frenetico movimento alla ricerca dello spazio e della verticalizzazione giusta, anche quando gli olandesi, in svantaggio, si gettano in avanti con gran forza ma picchiando la testa sul muro russo almeno fino al gol di van nistelrooy, che sfrutta l'unica minima sofferenza mostrata dagli uomini di hiddink: la difesa sui calci da fermo. ma una perfezione troppo perfetta non è di questo mondo.
i russi non si perdono d'animo e dopo il pareggio orange ritornano in cattedra, fino a meritare con onore il passaggio del turno. l'olanda, dopo il nuovo svantaggio desiste, china il capo e s'inginocchia dinanzi alla madre russia.

russia pirotecnica.
la perfezione assoluta della russia trova il suo legittimo sfogo spettacolare nelle azioni offensive. gli attacchi sono veri e propri assalti frontali verso gli avversari. i contropiedi un'arma devastante, realizzati con velocità spaventose e con un minimo di quattro uomini che si riversano a mò di kamikaze nella metàcampo avversaria, ma sono kamikaze dotati d'insolita oculatezza visto che ognuno attacca un preciso spazio e con un determinato ruolo al fine di orchestrare un notevole ventaglio di possibilità per colpire a rete. al termine delle gare, le occasioni avute sono innumerevoli ed è solo per buonsenso che non tutte si tramutino in gol.


il calcio è lavoro, rispetto ma al tempo stesso superbia. ma è anche coscienza degli equilibri tattici, quelli che mancavano nello scellerato esordio della russia contro la spagna, e che hiddink ha avuto premura di ritrovare per portare sul tetto d'europa una squadra capolavoro.

1 commenti giovedì 19 giugno 2008



a belo horizonte si attendeva lo spettacolo, quello solito del classico tra argentina e brasile. ma alla fine ha prevalso la delusione. e fischi, neanche troppo timidi, hanno accompagnato l'uscita dal campo dei ventidue giocatori.

ma in verità, la partita di ieri è stata eccellente. una lunga e continuata battaglia a centrocampo. senza sosta e col fiato sospeso. una guerra di nervi. un braccio di ferro inestricabile protratto per novanta minuti. tensione e sudore caldo sulle facce dei ventidue. nell'attesa spasmodica che la giocata suprema uscisse fuori da quel labirinto a metàcampo per dar ragione all'una o all'altra squadra.

ma l'equilibrio ha avuto la meglio. innumerevoli contrasti fisici l'hanno fatta da padrona.
la manona di abbondanzieri respinge due botte a colpo sicuro della bestia julio baptista prima su azione e poi su calcio da fermo, una parabola arquata e potente diretta nel sette e che si alza sopra la testa di riquelme, che saltella di un paio di centimetro nel mezzo della barriera. ma a riquelme non puoi chiedere certe cose, di saltare più di un vecchio rachitico o di rincorrere un'avversario. lui è fatto per creare, calamitando la palla tra i piedi, nel mezzo della tenaglia avversaria, nell'attesa che una visione di gioco lo illumini d'incanto per porgere a un compagno una palla miracolosa da spingere in rete. questioni di millimetri, di naturalezza e di miracoli. e il colpo di genio ancora una volta è uscito dai suoi piedi, ma c'è differenza di convinzione nel credere ai miracoli tra lui e julio cruz che scosso, tocca la palla con un'ignobile esterno sinistro che l'alza di un metro sopra il tetto di julio cesar.

le righe di porta restano inviolate, lasciando morire l'emozione del gol da classico, di quelli che non si dimenticano mai. ma il calcio è anche battaglia, tensione, nervi, equilibri e miracolo che non tutti possono comprendere.

0 commenti mercoledì 18 giugno 2008



è un'italia operaia e che non vuole strafare! dove tutti gli uomini scesi in campo restano rispettosi del proprio spazio di gioco e delle proprie dimensioni tecnicotattiche. mettendo da parte le deformazioni di 433 che non sono nelle corde del calcio italiano più puro ma anche il caos tattico sfigurato contro la romania, donadoni nell'ultima gara del girone, contro la francia, ha compreso i trucchi del mestiere e miracolosamente ha azzeccato la formazione più idonea e sanguigna per i nostri colori. l'equilibrio prettamente difensivo con un baricentro medio-basso della squadra ha permesso ai nostri elementi di esprimersi al meglio, regalandoci una partita perfetta e accattivante, una vittoria di nervi, di personalità e di razza calcistica superiore.

il pirlo più o meno interno sinistro in realtà era un'arma a doppio taglio dato che poteva agonizzarci in fase di non possesso, ma il baricentro basso e l'equilibrio difensivo assai accorto ha permesso che ciò non avvenisse, lo ha protetto e ha fatto sì che pirlo venisse fuori in tutto il suo splendore creativo e visionario. gattuso e perrotta hanno fatto il loro grande lavoro, tatticamente esemplare mentre il vero "craque" di italia-francia si è rivelato daniele de rossi, alla sua prima partita difficile di grande spessore in azzurro, perfetto nei lavori di chiusura da centro mediano e in quelli di rilancio dell'azione, metronomo eccelso e finalmente di grande personalità. a completare l'opera ci hanno pensato cassano, in verità troppo timido e mansueto ma comunque sempre coerente e giusto, e luca toni, un centravanti di straordinaria esageratezza fisica, un re dell'area di rigore e che con la sua forza rimpicciolisce i difensori afro-francesi, trovandosi almeno quattro volte solo soletto davanti a coupet, beneficiando degli assist prodigiosi di pirlo e cassano e della sua ossessione fisica per lo spazio in area. una nota di pregio va fatta anche a buffon, che a dispetto del pompato peter cech, è da più di dieci anni che non perde mai occasione di essere decisivo e perfetto nella sua barriera sulla linea di porta.

0 commenti domenica 15 giugno 2008



euro 2008, grecia-russia, minuto 33. nikopolidis va a spasso in area, semak rovescia al centro e zyrianov gonfia la rete, tutto solo in mezzo a una difesa rimasta attonita.

è così che si conclude l'europeo della squadra campione in carica, la grecia di rehhagel. in realtà ci sarebbero altri sessanta minuti per rimettersi in corsa, ma non è così semplice.

è una questione di fato, di destino, di equilibri mistici che bastardi ti girano le spalle. perchè sì, la grecia di rehhagel è una squadra minimale e guerriera, fondata tutto sul muro difensivo e sullo spirito battagliero degli undici uomini buttati in campo. e fondamentale è che tutto stia al suo posto, che il muro regga affinchè resti in piedi l'unico gioco con cui rehhagel può tenere in corsa questa squadra. hanno vinto un europeo grazie alla difensa ermetica e alle palle alte girate in rete. quattro anni più tardi, oggi, quell'equilibrio vincente si è sgretolato impietosamente prima sotto il colpo del fenomeno ibra che con un destro fuori dal mondo sgretola il muro greco nella partita di esordio contro la svezia e poi con la papera di nikopolidis che stende, impietosa, la speranza in un secondo miracolo. il calcio vive di anche di episodi, di palle vaganti fortunosamente finite in rete, di papere colossali o di autentici prodigi tecnici. ed è quando tutto ti gira contro che il destino si rivela impietoso. è così che la grecia si trova a rincorrere il risultato dopo lo svantaggio contro la russia... ma il gioco finisce qui, la squadra greca non ha giocatori in grado di offendere con qualità e continuità e gli atletici russi di hiddink trovano gioco facile nei contropiedi rischiando più volte di arrotondare il punteggio.

ed è così che otto rehhagel alza bandiera bianca in mancanza di quel flebile equilibrio che tanto conta nel calcio, come quel millimetro di fuorigioco che gli ha impedito di festeggiare il pareggio.